Le Ciociole: il “Passatempo” dei Napoletani  

ciociole foto

Le Ciociole: il “Passatempo” dei Napoletani nel nuovo post dedicato al food a cura di Napoli Fans

di Carla M. Berlingieri

Cari Amici di Napoli Fans, eccoci di nuovo insieme per scoprire altre curiosità sulle nostre tradizioni. Dopo avervi raccontato tutti i segreti di alcuni piatti immancabili sulle tavole dei napoletani durante le Feste di Natale come Baccalà e Capitone, Broccoli di Natale, Insalata Russa e di Rinforzo, gli Struffoli e tutti gli altri Dolci di Natale, questa volta siamo tornati con le Ciociole, meglio conosciute come ‘O Spasso, che accompagnano i napoletani durante le Feste di Natale.

Vediamo in questo post, a cura di Napoli Fans, tutte le curiosità legate alle Ciociole, per il nostro nuovo appuntamento con le tradizioni natalizie a Napoli. Bentornati sul Nostro Portale!

Ciociole: che cosa sono?

Le Ciociole (‘e Sciosciole, chiamate anche ‘O Spassatiempo o meglio ‘O Spass’), non sono nient’altro che la Frutta Secca che i napoletani sgranocchiano alla fine dei pasti luculliani delle Feste.

In ogni casa partenopea non può mancare un cesto di Ciociole: noccioline, nocciole, mandorle, pistacchi, noci, semi di zucca, ma anche ‘Castagne del Prete’, prugne e albicocche secche, fichi di vario tipo e datteri.

Ciociole: etimologia

Secondo alcuni, la parola “Ciociole” (‘Sciosciole’, Sciociole o Scioccelle) deriva da Ciocio ovvero ‘sciocco’, per indicare qualcosa di poco conto, una “sciocchezza” rispetto al resto del Menù delle Feste, decisamente più elaborato.

Anni fa probabilmente le Ciociole rappresentavano solo la frutta seccata e/o ammosciata, il che farebbe pensare ad una derivazione etimologica dal Latino ‘Soccus’ (che ha generato anche la parola Zoccoli, ‘zuoccole’) calzatura campagnola generalmente morbida. Successivamente, insieme alla frutta appassita nel cesto natalizio, ‘a canesta, si è aggiunta anche la frutta secca con la scorza dura. 

Diversi studiosi, infatti, identificano il termine Ciociole come un’onomatopea del rumore, tipoCiò Ciò”, che fanno mandorle, ‘nucelle’, noci… tra di loro quando venivano agitate tra le mani per essere raffreddate, dal momento che nei tempi addietro venivano servite tostate.

Altri ancora affermano che il nome derivi dal Latino “Flacces” ossia bucce, importantissime per noi napoletani, che le utilizziamo spartanamente come ‘segna numeri’ sulle cartelle della Tombola, sgusciando proprio la nostra frutta secca. 

Ciociole o Spassatiempo?

Le Ciociole, come vi abbiamo anticipato, vengono chiamate anche SpassatiempoNei tempi passati sgranocchiare, ‘rusecà’, la frutta secca rappresentava, appunto, un “passatempo” per le classi popolari. Per sgusciarla, ‘ammunnà’, serviva infatti un po’ di tempo a fine pasto, che in genere si trascorreva insieme alla famiglia o agli amici. Ecco perché l’insieme della frutta secca che si consuma a fine pasto durante le Feste viene detto ‘o Spassatiempo!

In napoletano, poi, la parola si contrae in Spasso o meglio o Spass! Il termine nel nostro dialetto coincide anche con la parola che significa divertimento...per traslazione, dunque, è anche il nome collettivo dato ai ceci abbrustoliti, semi di zucca infornati, noccioline tostate o meglio ‘e nucelle. 

‘O Spass: etimologia

Come spesso accade, alcuni nostri termini dialettali hanno origine dal Latino o dal Greco antico, ma anche dal Francese e dallo Spagnolo, a causa delle dominazioni che la nostra città ha subìto nel corso dei secoli. 

Fatto inusuale, però, è che l’espressione dialettale ‘O Spass deriverebbe dal Tedesco. ‘Spass’, infatti, nella lingua germanica significa proprio “divertimento”. 

Non dobbiamo, però, meravigliarci dell’etimologia germanica di questa parola. Non dimentichiamoci che a Napoli abbiamo avuto sempre Regine di origine austriaca: Maria Amalia, Maria Carolina, Maria Teresa e Maria Sofia…insomma i Re Borbone hanno sempre sposato donne teutoniche!

Curiosità: Spass’ in napoletano ha anche altri significati, oltre a quello di passatempo, sgranocchiando ciociole! ‘Spassarsela’ con una ragazza senza intenzioni serie in napoletano si dice “me a stongg spassann cu chell”, ovvero “mi sto divertendo con quella ragazza”, come dicono anche Gennaro Ottaviano e Salvatore Gambardella nella loro canzone “’O Marinariello”: “…A core a core, pe nce spassà…”.

Se una ragazza è molto bella si dice:

Santu Luca nce s’è spassato!

ovvero San Luca ci si è divertito!

Passare ripetutamente in un luogo, infine, in napoletano si dice proprio ‘spassare’. Testimonianza ne è la famosa canzone “Guaglione” scritta da Nisa e cantata dal grande Aurelio Fierro:

E passa e spassa sotto a stu balcone, ma tu si guaglione…

‘O Spass nelle Arti

Celebre la canzone della tradizione partenopea “A Rumba de’ scugnizzi”. Il famosissimo Raffaele Viviani la scrisse un secolo fa, rappresentando la vita del popolo napoletano con le sue tradizioni, la sua cucina, i suoi personaggi, i suoi mestieri. È proprio da questi che Viviani rimase affascinato, descrivendoli nei loro gesti quotidiani. Ad esempio racconta le grida di un venditore che urla “’O Spassatiempo”  nel mercato di Sant’Antonio Abate a Napoli: “Chesta è ‘a bancarella d’ ‘o fesso. Ognuno passa e pizzeca…spassatiempo”.

Matilde Serao, scrittrice, giornalista e prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, a fine Ottocento ne parla nel suo libro “Il ventre di Napoli”:

Ha anche qualche altra golosità il popolo napoletano, lo Spassatiempo. Vale a dire i semi, di mellone e di popone, le fave e i ceci cotti nel forno. Con un soldo si rosicchia mezza giornata, la lingua punge e lo stomaco si gonfia come se avesse mangiato”.

Allo Spassatiempo, ancora, è stata dedicata una canzone nel Musical ‘Piedigrotta

Curiosità: Piedigrotta è una piccola zona di Napoli sita accanto alla Crypta Neapolitana, o Grotta di Pozzuoli. Secondo la leggenda fu costruita in una sola notte dal poeta dell’antica Roma, Virgilio, per collegare la Riviera di Chiaia ai Campi Flegrei. Nel ‘Satyricon’, l’autore latino Petronio, lo ritiene luogo di rituali orgiastici, in onore di Priapo celebrati la notte del 7 Settembre.

Accanto alla Crypta è collocata anche la relativa Chiesa dedicata alla Madonna di Piedigrotta o meglio Sancta Maria di Piedigrypta. Qui, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, proprio il 6 e il 7 Settembre di ogni anno, oltre alla famosa manifestazione religiosa in attesa dell’uscita della Vergine, l’8 Settembre si svolgeva la Festa della Canzone Napoletana o meglio il Festival delle Canzoni di Piedigrotta. Per molti anni questa festa ha coinvolto i napoletani con carri, fuochi, canti religiosi e popolari, destando l’attenzione di tutto il mondo.

Il Consiglio di Napoli Fans: oggi anche se la tradizione è andata un po’ affievolendosi, il rito religioso è rimasto comunque nel cuore dei napoletani. Sia la Chiesa che la Crypta, inoltre, sono visitabili. Potete raggiungerle con il treno o la metropolitana dell’antica Stazione di Mergellina, sita proprio accanto ai due monumenti. Non perdetevi questi luoghi molto speciali!

‘A Canest do Spass’: cosa c’è dentro il cesto dello Spasso?

Scopriamo insieme alcune immancabili leccornie presenti nel nostro cesto delle Ciociole:

  1. Noci, meglio se di Sorrento. La loro origine è molto antica ed è accertata da alberi carbonizzati o in alcuni affreschi ritrovati negli scavi di Pompei. Sono state utilizzate, poi, come alternativa al denaro per pagare le tasse all’epoca di Carlo Magno o in alcuni riti propiziatori per i novelli sposi;
  2. Pistacchi, dal Greco pistakion’ e Mandorle, in napoletano le ‘ammenule’;
  3. Nocciole, ‘e nucelle, da non confondere con le noccioline americane. Una varietà molto prelibata è quella di Giffoni Vallepiana in provincia di Salerno, dove si produce la “Tonda di Giffoni”. Nei tempi addietro, la migliore nocciola del napoletano, però, era quella di Avella, la cittadina ai piedi dell’Appennino campano tra Napoli ed Avellino. La nocciola, infatti, in Latino era la ‘nux avellana’. Non a caso, poi, in Spagnolo nocciola si dice ‘avellana’ ed in Portoghese ‘avelã’. Le nocciole napoletane, poi, ebbero grande diffusione soprattutto in epoca borbonica, tanto poi da essere esportate in Austria, paese di origine di molte delle nostre Regine.

Curiosità: Avete mai fatto caso che sul pacchetto dei Wafer Loacker alla Nocciola c’è scritto ‘NEAPOLITANER’? Sapete perché? La spiegazione è che nel 1898, quando fu inventato il wafer, le migliori varietà di nocciole provenivano proprio dalla nostra città, grazie agli scambi commerciali tra Napoli e Vienna. Josef Manner, dunque, il creatore di questo delizioso biscotto composto da cinque strati di cialda sottilissima e quattro di crema alla nocciola, pensò bene di chiamarlo Neapolitaner Waffel ovvero cialda napoletana!

  1. Fichi bianchi, meglio se DOP del Cilento. Possiamo trovarli semplicemente secchi o ‘Imbuttunat’ (chiamati anche ‘fichiacchette’ o ‘fiche accunciutelle’) ovvero seccati, spaccati in due, ripieni di noci o mandorle e rimessi insieme. Immancabile, poi, la versione ricoperta di cioccolato fondente! I fichi del Cilento erano oggetto di discorsi già all’epoca dei Letterati Latini Catone e Varrone, poiché rappresentavano una vera ricchezza per l’economia locale. Questo delizioso frutto della nostra regione è protagonista di una tradizione che riguarda la festa di Santa Lucia. Quel giorno la sposa, come segno augurale, dona al suo sposo la ‘jetta’ di fichi, un ramo con i frutti essiccati imbottiti di nocciole e mandorle;
  1. Prugne, dal Latino ‘prunus’ e Albicocche secche;
  2. Datteri, dal Greco ‘daktylos’. Si possono gustare caramellati o freschi. I migliori sono quelli provenienti dalla Tunisia o da Israele. Il legame tra i datteri e le feste di Natale è tratto dalla tradizione cristiana. Sembra che questo dolcissimo frutto avrebbe dato sostegno alla Vergine Maria, affaticata dal parto. Pare che, durante il travaglio, la madre di Gesù, si sia appoggiata ad una palma per sostenersi e che da questa siano caduti tre datteri. Dopo averli mangiati, dunque, ritrovò le forze;
  3. Castagne del Prete, ‘e castagne d’ ‘o prevete. Un tempo erano prodotte solo nella provincia di Avellino. La ricetta tipica ha origine a Montella, dove la produzione di castagne si fregia della denominazione IGP. Leggenda vuole che un monaco, a cui erano state donate molte castagne, le caricò su un mulo per trasportarle in convento. A causa dell’eccessivo peso, però, il mulo si accasciò, facendo riversare tutte le castagne nel vicino fiume. Il monaco, sebbene deriso dagli abitanti del villaggio, decise comunque di ripescare i marroni e riportarli a casa. Dato che erano bagnati, decise di metterli in forno per asciugarli. Li assaggiò e ne rimase deliziato! Leggenda o meno, la preparazione delle Castagne del Prete conosce un processo di produzione lungo e complesso. Infatti, le castagne vengono arrostite lentamente per 15 giorni, tostate in forno e successivamente immerse in acqua e vino per reidratarsi ed insaporirsi. A volte, però, il procedimento fallisce. Le castagne restano troppo umide e ‘mosce’ (ecco allora che si chiamano ‘Moscioni’), quindi vengono infilate con uno spago a formare delle corone. Ecco perché quando il risultato di un’impresa è insoddisfacente in napoletano si dice: “amm fatt ‘a fatica d’ castagne d’ ‘o prevete, poche, fute e fracete” ovvero “abbiamo fatto la fatica delle castagne del prete, poche, vuote e fracide”.

Conclusioni

Qualunque sia l’origine del nome Ciociole o Spasso, una cosa è certa…non è Festa a Napoli senza ‘a canest do Spass! Il momento migliore per chi ha cucinato i Menù infiniti delle Feste è proprio quello in cui sulle tavole arriva ‘o Spassatiempo. I piatti sono puliti, la cucina è sistemata, tutti sono a tavola a rilassarsi e si godono l’unione familiare, rosicchiando Ciociole, chiacchierando o giocando a Tombola. Buone Feste da Napoli Fans!