E. A. Mario, storia del poeta napoletano che ha portato in giro per il mondo il nostro dialetto, nel post a cura di Napoli Fans
I massimi esponenti della musica napoletana sono principalmente quattro: stiamo parlando di Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Ernesto Murolo e Giovanni Ermete Gaeta, meglio noto con lo pseudonimo di E. A. Mario.
In questo articolo ci concentreremo su quest’ultimo, raccontandone la storia di vita e d’artista. Bentornati sul nostro portale dedicato alla cultura napoletana!
Indice dei contenuti
E. A. Mario: gli inizi
Giovanni Ermete Gaeta, noto come E. A. Mario, nasce a Napoli il 5 maggio del 1884: la sua è una famiglia semplice e di umili origini, dove la madre è casalinga, mentre il padre un barbiere. Vivono tutti insieme nel retrobottega dell’attività paterna: il fratello Ciccillo, le sorelle Agata e Anna, lui, la madre ed il padre, mentre nelle altre due stanzette si trovano anche 3 zie e uno zio.
La sua giovinezza trascorre serena e il giovane è costantemente immerso in qualsiasi tipo di libro. Decide poi di iscriversi all’Istituto Nautico, allo scopo di divenire un capitano di lungo corso, ma deve abbandonare anzitempo gli studi, in quanto le tasse sono eccessivamente alte per le disponibilità economiche della famiglia.
Altra passione di Giovanni è il mandolino, che inizia a suonare fin da piccolo. La sua passione per la musica gli consente poi di fare le sue fortune. Ma prima lavora alle Poste Italiane. E proprio qui che fa un incontro che si rivelerà fortunato per la sua vita.
Storia di un incontro
Il primo lavoro di Giovanni Ermete, ricoperto da ragazzino, è quello di impiegato alle Poste di Napoli, addetto allo sportello vaglia e raccomandate. Qui, un giorno, si trova faccia a faccia con Raffaele Segrè, famoso cantautore del tempo. E. A. Mario lo riconosce immediatamente e non lesina complimenti nei confronti delle sue composizioni, affermando però come i testi non fossero all’altezza delle splendide musiche.
Segrè, inizialmente risentito per tale commento, decide di metterlo alla prova, proponendogli di scrivere lui stesso un testo, con la promessa che, se fosse stato valido, sarebbe diventato una vera e propria canzone.
Il giovane accetta e viene così originato il primo brano di E.A. Mario in lingua napoletana, ovvero “Cara mamma”.
“Cara mammá,
faciteme ‘o favore,
mannáteme nu vaglia ‘e vinte lire:
ce sta nu capurale traditore
ca, s’io nun vótto ‘e llire, mme pò fá
perdere ‘a libbertá…”
Doppo tre ghiuorne, è inutile,
‘o vaglia ha da arrivá!
fore ‘o quartiere, Briggeda,
che festa mme farrá!…
Chella vucchella ‘e zuccaro
che vase sape dá!…
P”e solde ca se spènnono,
ce penzarrá mammá!
“Cara mammá,
ll’autriere só’ caduto
e mme s’è rotta ‘a giubba aret”e spalle…
Si ‘o vvede ‘o capitano io só’ perduto!
Mannáteme quaccosa p’appará,
si no comm’aggi”a fá?!”
Doppo tre ghiuorne, è inutile,
“Cara mammá,
só’ asciuto da ‘o spitale….
Mo tengo cierti diébbete cu ‘amice…
Dimane torno â casa, a bene e a male:
si vene Rosa ce ‘o ddicite ca
nun mm”a pozzo scurdá…”
E ‘o vaglia telegrafico
se vede giá arrivá:
fore ‘o quartiere, Briggeta,
che festa ca mme fa!
Chella vucchella ‘e zuccaro
che vase sape dá…
P”e solde ca se spènnono
ce penzarrá mammá!
(Segré-E.A.Mario)1904
L’attività di paroliere
Parallelamente al lavoro alle Poste, che lo accompagnerà per tutta la vita, dal 1902 Giovanni Ermete inizia a dedicarsi alla poesia e divenne anche un giornalista, ottenendo notevole approvazione per i suoi lavori. Nel 1904 inizia ad utilizzare così lo pseudonimo di E. A. Mario: E come Ermete, il suo secondo nome; A come Alessandro Sacheri, colui che gli pubblica le prime opere scritte; Mario in ricordo del suo idolo, il patriota Alberto Mario.
Il successo nazionale come paroliere vede però la luce nel 1918 quando, in seguito alla vittoria dell’esercito italiano sul Piave durante la prima guerra mondiale, E. A. Mario compone la celeberrima “La leggenda del Piave”, che viene dichiarata per qualche tempo inno nazionale e che, secondo le parole del generale Armando Diaz, contribuisce a dare nuova energia alle esauste truppe nostrane.
La leggenda del Piave
Il Piave mormorava
Calmo e placido, al passaggio
Dei primi fanti, il ventiquattro maggio
L’esercito marciava
Per raggiunger la frontiera
Per far contro il nemico una barriera
Muti passaron quella notte i fanti
Tacere bisognava, e andare avanti
S’udiva intanto dalle amate sponde
Sommesso e lieve il tripudiar dell’onde
Era un presagio dolce e lusinghiero
Il Piave mormorò: “Non passa lo straniero”
Ma in una notte trista
Si parlò di un fosco evento
E il Piave udiva l’ira e lo sgomento
Ahi, quanta gente ha vista
Venir giù, lasciare il tetto
Poiché il nemico irruppe a Caporetto
Profughi ovunque, dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti
S’udiva allor, dalle violate sponde
Sommesso e triste il mormorio de l’onde
Come un singhiozzo, in quell’autunno nero
Il Piave mormorò: “Ritorna lo straniero”
E ritornò il nemico
Per l’orgoglio, per la fame
Volea sfogare tutte le sue brame
Vedeva il piano aprico
Di lassù, voleva ancora
Sfamarsi e tripudiare come allora
“No” disse il Piave, “No” dissero i fanti
Mai più il nemico faccia un passo avanti
E si vide il Piave rigonfiar le sponde
E come i fanti combattevan le onde
Rosso del sangue del nemico altero
Il Piave comandò: “Indietro va’, straniero”
Indietreggiò il nemico
Fino a Trieste, fino a Trento
E la vittoria sciolse le ali al vento
Fu sacro il patto antico
Tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti
Infranse, alfin, l’italico valore
Le forche e l’armi dell’impiccatore
Sicure l’Alpi, libere le sponde
E tacque il Piave: “Si placaron le onde”
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi, né stranieri
Oltre ad essa, E. A. Mario si dedica attivamente alla stesura di testi per numerosi cantanti dell’epoca, alcuni dei quali vengono anche messi in musica da Mario del Monaco, Placido Domingo e Luciano Pavarotti.
Un amore eterno
Nel 1919, Giovanni o E.A. Mario si sposa con Leonilde Gaglianone, con la quale rimane per tutta la vita. Il loro fidanzamento è brevissimo: dura, infatti, appena tre mesi e dalla loro unione nascono poi tre figlie, che sono Delia, Italia e Bruna.
In seguito ad una grave malattia che colpisce la donna da giovane, però, si trova costretto a vendere tutti i diritti delle sue canzoni, ma da essi ottiene in cambio solo una quota davvero bassa, che non gli permette mai di diventare ricco.
Quando apprende della morte dell’amatissima moglie, E. A. Mario decide di raggiungerla, lasciandosi andare piano piano, fino a morire il 24 giugno del 1961, a settantasette anni.
Ma le sue canzoni, i suoi componimenti poetici, rimarranno per sempre nel repertorio della musica, della poesia napoletana e italiana in generale.