Luca Giordano, bio del pittore napoletano chiamato “Luca fa presto” nel post a cura di Napoli Fans
L’arte a Napoli è sacra. Infatti la città partenopea è ricca di tesori e luoghi d’arte nei quali perdersi. L’arte cittadina è fatta di personaggi che hanno fatto storia artistica della città e non solo. Uno di questi è senz’altro Luca Giordano, che insieme ad altri artisti (ad esempio Jusepe de Ribera, Salvator Rosa, Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro e Mattia Preti) sono stati i protagonisti del barocco nel Seicento e quest’ultimo anche apripista dello stile rococò. Le sue opere si trovano in gran parte a Napoli, ma anche in tantissime città in giro per l’Europa.
Vediamo, in questo post, la vita e le principali opere realizzate da Luca Giordano, nel nostro nuovo post dedicato alla cultura napoletana. Benvenuti su Napoli Fans!
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Gli inizi di Luca Giordano
Napoletano verace, Luca Giordano, pittore di stile barocco, nasce all’ombra del Vesuvio il 18 Ottobre del 1634. Figlio di Isabella Imparato e Antonio Giordano, è avviato all’arte dal padre e studia nella cerchia di Jusepe de Ribera, sempre nella città partenopea. La sua prima opera è datata 1651.
In seguito produce numerosi dipinti ad olio, con temi religiosi o mitologici. Per sottolineare la sua velocità di esecuzione è soprannominato “Luca Fa-Presto”. Addirittura alle volte riesce a dipingere con entrambe le mani contemporaneamente. Al tempo stesso però le sue opere sono perfette in tutto e per tutto. Il suo soprannome dovrebbe essergli stato attribuito per la velocità con la quale realizza, in soli due giorni, i dipinti della crociera della Chiesa di Santa Maria del Pianto a Napoli.
Le prime opere del Giordano, dopo la prima, sono risalenti al 1653 e riguardano l’incisione raffigurante il Cristo e l’adultera e una tavola con la Guarigione dello storpio.

Da Napoli a Roma e Venezia
Luca Giordano si reca per un periodo a Roma ancora giovane, dove viene in contatto con l’ambiente di Pietro da Cortona, che influenza lo stesso stile del Giordano, anche in opere più tarde.
Qui si esercita a copiare e studiare le opere dei grandi maestri (Michelangelo, Raffaello, Polidoro da Caravaggio, Carracci). Le sue prime opere vere risalgono al 1653 e si tratta di incisioni e tavole. L’anno successivo arrivano le grandi tele, che risentono della scuola del Ribera ma anche dei maestri veneti, tra cui Paolo Veronese.
Intanto nel 1658, poco più che ventenne, prende in sposa Margherita Dardi.
Le prime committenze importanti a Napoli risalgono intorno al 1660, con la realizzazione delle tele per gli altari laterali della Chiesa di Santa Maria del Pianto, (da cui il soprannome di “Luca Fa-Presto”); e poi il San Gennaro che intercede per la cessazione della peste insieme ai Santi protettori di Napoli adorano il Crocifisso (1662).
Alla metà degli anni sessanta del Seicento risale anche un gruppo di tele a soggetto mitologico, commissionate per lui dalla famiglia D’Avalos.
Tornato a Napoli nell’estate del 1665, il Giordano compie un altro dei suoi capolavori assoluti: stiamo parlando dell’opera “San Michele Arcangelo che sconfigge gli angeli ribelli”, conservato oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Qualche anno dopo, precisamente nel 1667, si sposta poi a Venezia. Nella capitale della Serenissima Repubblica ammira gli affreschi di Tiziano Vecellio (1480-1576), che gli forniscono l’esempio di una pittura più decorativa. Del suo soggiorno veneto a Padova, presso la basilica di Santa Giustina, rimane la pala Morte di Santa Scolastica (1674). Nel 1677 dipinge il grande ciclo di San Benedetto nell’abbazia di Montecassino. L’opera è però andata interamente perduta a causa dei bombardamenti Anglo-Americani durante la Seconda Guerra Mondiale che distruggono l’abbazia.
Nel 1682 si occupa poi della decorazione della cupola della cappella Corsini nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze.
Non smette mai, tuttavia, di ricevere committenze da Napoli e di lavorare per i nobili spagnoli di stanza nel viceregno. Proprio questa sua frequentazione lo porta ad avere committenze anche in Spagna, ottenendo grandi consensi nella capitale Madrid.

Il periodo spagnolo
La sua fama cresce così tanto che, nel 1692, viene invitato da Carlo II d’Asburgo in Spagna. Qui, all’Escorial di Madrid, realizza un ciclo di affreschi per la volta dell’Escalera e per la chiesa del monastero dell’Escorial. Ma la sua attività in terra iberica prosegue tanto che sono a tutt’oggi conservate una cinquantina di opere, in particolare al Casón del palazzo reale del Buen Retiro di Madrid e al Museo del Prado, sempre nella capitale, poi nella Sagrestia della Cattedrale di Toledo e nel Monastero di Nostra Signora di Guadalupe.
Il periodo spagnolo è stato talmente fecondo che Luca Giordano diviene popolare in tutta la Spagna, tanto da essere insignito dal Re del titolo di “caballero”.
Il ritorno a Napoli e la morte
Nel 1702 Giordano torna a Napoli, anche se i rapporti con la città non si erano mai interrotti, dove dà vita alla sua ultima grande opera, ossia il soffitto della Cappella del Tesoro della Certosa di San Martino.
Ma non si ferma qui: la sua fervida fantasia trova espressione nelle tele per la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella.
Muore a Napoli il 3 gennaio 1705. Da allora è sepolto nella chiesa di Santa Brigida.