La Janara: la storia di questa credenza popolare campana, nel post di Napoli Fans
Bentrovati su Napoli Fans, il sito dove trovare tutte le curiosità legate a Napoli e alla sua cultura, con tantissime informazioni utili a conoscere meglio la nostra città e in generale la nostra meravigliosa regione Campania. Oggi vogliamo parlarvi delle credenze popolari, diffusesi tra Benevento e Caserta, che riguardano la figura della Janara. Infatti, spesso questo termine è entrato nei racconti di molti campani, soprattutto in queste zone, dando vita ad un vero e proprio mito.
Spesso si sente dire:
“Non fare la janara”!
che significa “non fare la strega” o meglio “non comportarti male”. Ebbene, questo termine così inusuale nasconde una storia davvero interessante, che vale la pena raccontare. Infatti, la Janara è associata alla stregoneria e al mito delle streghe di Benevento.
Vediamo, nelle righe che seguono, di cosa si tratta e quando nasce questa credenza popolare. Buona lettura da tutto lo staff di Napoli Fans!
Cos’è una Janara?
La Janara è una tipologia di strega che si pensa abbia vissuto tra le zone di Benevento e Caserta, che negli anni ha dato vita a molti racconti popolari. Il termine Janara potrebbe derivare da “Dianara”, ossia «sacerdotessa di Diana», che era la dea romana della Luna, oppure dal latino “Ianua”, che significa “porta”. Questa seconda spiegazione è legata ad un’usanza popolare che vede collocare una scopa e un sacchetto di sale per allontanare la strega dalla casa.
La leggenda popolare della janara, probabilmente, ha inizio durante il regno longobardo a Benevento, quando ancora vi era una certa divisione, nella popolazione locale, tra cristiani e pagani. Questi ultimi credevano in particolare alle Dee Iside, Diana ed Ecate. Su questo periodo sono in molti concordi sul fatto che sia coincidente alla nascita della figura della janara, visto che con l’arrivo dei longobardi di fede pagana, spesso ci si riuniva a venerare gli alberi, cari alla religione longobarda.
Le storie sulla janara
Sono molti i racconti che riguardano la figura della janara, che in realtà rappresenta un insieme di streghe, di cui si parla nei racconti popolari sanniti e casertani. Nello specifico sono molte le storie che raccontano di orgie che si tenevano il sabato sera tra le janare sotto un albero di noce, mentre veneravano gli dei.
Secondo alcuni, queste si riunivano su alberi di noce lungo le sponde del fiume Sabato per invocare gli dei e il demonio con una cantilena che recitava:
“‘nguento ‘nguento, mànname a lu nocio ‘e Beneviente, sott’a ll’acqua e sotto ô viento, sotto â ogne maletiempo”
Si pensa che la janara si intrufolasse nelle stalle per rapire giumente e cavalcarle fino allo sfinimento, facendo al cavallo treccine che sarebbero state la prova del suo passaggio. In molti da allora e ancora oggi, pongono una scopa e un sacchetto di sale davanti alla porta delle stalle, così da tenere lontana la strega.
Inoltre la janara possedeva la conoscenza di tutte le erbe medicamentose ed era esperta di quelle narcotiche e stupefacenti, che usava per le sue maledizioni e per le sue azioni malefiche. Secondo la tradizione, per bloccare il potere della janara occorreva afferrarle i capelli, suo tallone d’achille. A quel punto, alla domanda “che tie’ ‘n mano?“, bisognava rispondere “fierro e acciaro” in modo che non si potesse liberare. Se al contrario si fosse risposto “capiglie'”, la Janara avrebbe risposto “e ieo me ne sciulio comme a n’anguilla”.
Inoltre si affermava che se si fosse lasciata andare una janara dopo averla catturata quando era in uno stato non corporeo, questa avrebbe benedetto, insieme a tutte le altre janare, la famiglia di chi l’avesse catturata per ben sette generazioni.
Si accreditava alle janare anche la sensazione di soffocamento che a volte si prova durante il sonno, perchè si diceva che questa si divertisse a saltellare sul corpo delle persone, soprattutto sui giovani uomini.
Infine si riteneva che se i bambini avessero manifestato deformazioni fisiche, era perchè fossero passati attraverso il treppiede che si usava per sostenere il focolare del calderone della strega.
In questo caso si diceva:
“La janara ll’è passato dinto ‘u trepète”.
Circa il carattere e la personalità della janara, questa era un tipo solitario e acido, con un brutto carattere. Ancora oggi quindi usa il termine “Non fare la janara” proprio ad indicare di smettere di fare la donna acida.
Conclusioni
Sono molte le storie e le leggende che si raccontano sulle janare, da Benevento a Caserta, e nelle città vicine. Addirittura questa figura ha fatto nascere canti e filastrocche dedicate a loro da cantanti e poeti.
La figura della janara fa parte dell’immenso bagaglio culturale, di credenze e tradizioni popolari della nostra regione.
La janara non smetterà mai di vivere queste terre fino a quando si parlerà di lei.