Centro Direzionale di Napoli: storia della prima City d’Italia

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Centro Direzionale di Napoli: storia della prima City d’Italia nel post a cura di Napoli Fans

La città di Napoli, come noto, ha avuto nella sua storia innumerevoli primati assoluti e lo sviluppo del Centro Direzionale rientra perfettamente in questa categoria.

Piacciano o meno i suoi grattacieli, questi sono una testimonianza importante di una volontà di sviluppare la città attraverso la modernità e la tecnologia, anche se al momento incompiuta. Inoltre, dal 1995 al 2009, la Torre Telecom ha potuto vantare il titolo di grattacielo più alto d’Italia, soffiandolo al precedente detentore milanese, ossia il Pirellone, più basso di soli 2 metri.

Il Centro Direzionale di Napoli rimane comunque il primo complesso di grattacieli costruito in Italia, un progetto davvero molto futuristico, soprattutto nell’epoca in cui è stato progettato. 

In questo post a cura del nostro portale ripercorriamo le tappe della costruzione del Centro Direzionale di Napoli e dei suoi protagonisti. Bentornati su Napoli Fans!

Dall’idea al progetto

L’idea di costruire questo centro di grattacieli e palazzi viene da molto lontano. E’ infatti il 1939 quando già all’epoca si pensa di costruire un nuovo centro politico nel Rione Carità. Già a quel tempo (siamo sotto il regime fascista) si progettano palazzi futuristici. Ma purtroppo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si accantonano tutti i progetti fino ad ora messi in cantiere.

E’ soltanto nel 1972 che si riprende in mano quell’idea: si inizia ad immaginare così di sfruttare al meglio quella zona industriale con la costruzione di un complesso di edifici, attraverso i quali sviluppare gli affari e attrarre le aziende.

La zona è strategica: cinque minuti dalla stazione, dall’Aeroporto di Napoli e anche dalla “Linea 2” di Cumana e Circumvesuviana. Non si può chiedere di meglio.

La decisione di dare il via ad un progetto è presa in tempi piuttosto brevi e nel 1975 inizia così l’avventura del CDN, acronimo di Centro Direzionale di Napoli. Giulio De Luca è l’architetto che lo disegna, con ben saldo un concetto innovativo per l’epoca: fare in modo che le persone e le automobili non si incontrassero. Già in quegli anni infatti a Napoli il traffico era diventato insostenibile, proprio come in tutte le altre grandi metropoli.

Per questa ragione De Luca voleva che le persone si muovessero all’aria aperta, tra strade e giardini, mentre le auto avrebbero dovuto muoversi sotto. Un modo così di unire mobilità urbana e cittadina in modo tale da decongestionare il traffico e al tempo stesso consentire al cittadino di non respirare lo smog in prima battuta.

Trent’anni dopo queste idee rivoluzionarie sono riprese a Milano per la costruzione della City della città. Non solo. Anche l’idea di riunire in un solo quartiere tutto ciò che riguardava la politica, la finanza e l’amministrazione è a dir poco rivoluzionaria a quel tempo. Qui infatti sono presenti il Tribunale, le sedi delle aziende più importanti, la Regione… tutto racchiuso in un solo quartiere super moderno e funzionale.

Dalla carta alla realtà incompleta

Il Comune di Napoli, anche per dare maggior lustro al progetto, passa le idee di De Luca al grande architetto giapponese Kenzō Tange. Si tratta di un mostro sacro dell’architettura, apprezzato e ammirato in tutto il mondo. Tange rimette mano ai rivoluzionari progetti di De Luca e alla fine si inaugurano i lavori nel 1982. Una serie di grattacieli con i vetri a specchio avrebbero trasformato la città. Ma non solo Tange ha partecipato alla realizzazione dei palazzi del Centro Direzionale: Renzo Piano disegna il palazzetto dell’Olivetti, Massimo Pica Ciamarra, affiancato da altri architetti, si occupa invece delle due Torri ENEL mentre Nicola Pagliara progetta le Torri del Banco di Napoli, oltre che il Palazzo dell’Edilres. I lavori terminano però soltanto nel 1995.

Purtroppo il 1995 non è l’anno del completamento dei lavori, ma della loro interruzione che, per il momento, è da considerare definitiva. Il viale centrale del quartiere si ferma infatti a strapiombo sul deserto e intorno ad esso regna il degrado. Per il momento non ci sono idee di ripresa dei lavori. I grattacieli sono stati costruiti inoltre sopra una falda acquifera ed ogni anno, secondo gli studi, si abbassano di circa un centimetro. Secondo alcuni esperti si tratterebbe del fiume Sebeto, che venne interrato in passato e che ogni tanto allaga le fondamenta degli edifici, costringendo le pompe idrovore a faticosi pescaggi.